Perizie - Stime - C.T.U.

SIGNIFICATO DI VALUTAZIONE E METODO DI STIMA

Il rapporto di valutazione immobiliare ha il compito di comunicare il valore stimato, in modo che coloro che leggono il rapporto possano comprenderne a pieno i dati, i ragionamenti, le analisi e le conclusioni e farvi affidamento. Il Codice delle Valutazioni Immobiliari III edizione Tecnoborsa, che recepisce completamente gli International Valuation Standards (IVS), al capitolo 9 fornisce una chiara definizione di una perizia o meglio di un rapporto di valutazione immobiliare. Il rapporto di valutazione (ex: rapporto di stima, relazione di stima, consulenza estimativa, perizia di stima ecc.) mira a comunicare al lettore il valore di stima, a confermare le finalità della valutazione, a esporre il procedimento e a indicare le eventuali assunzioni alla base della valutazione e le condizioni limitanti. Nel rapporto di valutazione sono riportati i processi analitici e i dati utilizzati per la stima del valore finale, allo scopo di guidare il lettore attraverso le procedure e le prove utilizzate dal valutatore per elaborare la valutazione. Degno di nota è il passaggio in cui il Codice rimarca la parola “lettore” indicando come il “Rapporto di valutazione” debba guidarlo attraverso le procedure e le prove utilizzate dal valutatore per elaborare la valutazione, ciò esclude evidentemente che una perizia, per considerarsi tale, si possa ridurre a una mera indicazione del valore senza un’esaustiva dimostrazione. È da precisare che questa analisi nei confronti delle perizie si riferisce sostanzialmente alla mera parte di determinazione del valore e non alla parte di analisi dell’immobile oggetto di valutazione, cosiddetta “due diligence” o analisi di conformità, in cui il valutatore dopo aver preso visione del bene e dei documenti tecnico-legali-amministrativi ne verifica la situazione e l’eventuale conformità. È sufficiente navigare in Internet nei siti che pubblicizzano le aste giudiziarie per comprendere a fondo il problema: i rapporti peritali per gli immobili posti all’asta presentano per oltre il 95% del contenuto un’analisi più o meno approfondita delle condizioni dell’immobile e per meno del 5% del contenuto si limitano a semplici affermazioni/assunzioni dalle quale si giunge sinteticamente a un valore. Cosa differenzia una perizia classica da una sviluppata applicando gli standard internazionali di valutazione immobiliare? La differenza sostanziale sta nella metodologia valutativa e nella ricerca dei dati di mercato comparabili. Nelle perizie tradizionali il perito surroga la conoscenza del mercato in cui si trova l’immobile da valutare con locuzioni del tipo “in base alle conoscenze di mercato” e talvolta con il rimando ad altre “fonti”, quali listini e quotazioni. Il perito non rileva i dati reali delle compravendite e degli affitti di mercato. Nelle perizie svolte con gli standard internazionali il valutatore svolge una puntuale ricerca delle compravendite recenti di immobili comparabili con l’immobile oggetto di valutazione. I prezzi e i fitti di questi immobili sono impiegati per stimare il valore di mercato dell’immobile da valutare e sono riportati come prove nel rapporto di valutazione. L’analisi dei dati immobiliari si basa sulle caratteristiche degli immobili (superfici, impianti, stato di manutenzione ecc.) applicando modelli valutativi pluripara metrici quali per esempio: il Market Comparison Approach, il Sistema di stima, l’MCA e Sistema di stima, Sistema di ripartizione ecc. Il rapporto di valutazione è finalizzato a perseguire gli obiettivi di trasparenza ed efficienza dei mercati immobiliari moderni ed è svolto in applicazione degli standard di valutazione internazionali e nazionali:

- International Valutation Standards (IVS) 2007

- RICS Valuation Standards by Royal Institution Of Chartered Surveyors 2007; – European Valuation Standards 2009;

- Codice delle Valutazioni Immobiliari di Tecnoborsa III edizione 2005 in considerazione della realtà nazionale;

- circolare della Banca d’Italia del 27 dicembre 2006 n. 263 dal titolo “Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche” Titolo II, capitolo I, Sezione IV, punto 1 (che ha recepito la direttiva europea sulla vigilanza Bancaria 2006/48 – Credit Requirement Directive). I metodi estimativi richiamati dagli standard internazionali sono riconducibili a tre grandi approcci:

- Market Approach o metodo del confronto di mercato;

- Income Approach o metodo della capitalizzazione dei redditi futuri;

- Cost Approach o metodo dei costi.

L’applicazione dei metodi estimativi (metodo del confronto, metodo finanziario e metodo dei costi) è legata all’immobile da valutare e al suo contesto tecnico, economico e giuridico. Nei mercati attivi e dinamici sono disponibili i dati immobiliari delle compravendite recenti di immobili appartenenti allo stesso segmento di mercato. Il metodo del confronto di mercato è ritenuto il più diretto, probante e documentato metodo per valutare un immobile. Il metodo finanziario considera la capacità di generare benefici monetari di un immobile e la possibilità di convertire questi benefici nel valore capitale. Il valore di mercato si basa sulla capitalizzazione del reddito. I canoni di mercato sono rilevati per gli immobili comparabili e i saggi di capitalizzazione sono estratti nel segmento di mercato dell’immobile da valutare e in segmenti di mercato prossimi. Per immobili con caratteristiche speciali e in assenza di dati immobiliari di compravendite e di affitti è possibile simulare il mercato delle compravendite mediante il metodo dei costi, che determina il valore di mercato di un immobile edificato, sommando il valore dell’area edificata e il costo di ricostruzione del fabbricato esistente, eventualmente deprezzato per la vetustà e l’obsolescenza.

 

 

NORMATIVA REGIONE LIGURIA  
LEGGE REGIONALE DELLA LIGURIA N°16 /08DISCIPLINA DELL’ATTIVITA’ EDILIZIA

 

Sul Bollettino Ufficiale della Regione Liguria n.6 del 18 giugno 2008 è stata pubblicata la legge regionale 6 giugno 2008, n. 16 (Disciplina dell'attività edilizia), che sostituisce la parte prima del Testo Unico statale in materia, approvato con Dpr n.380/2001. La nuova legge regionale regolamenta contenuti e procedimenti dei titoli edilizi, recepisce i principi della legislazione statale, ma al tempo stesso introduce semplificazioni e novità rispetto ad essa. Il Testo di legge intende chiarire i casi in cui è prescritto il permesso di costruire, la Denuncia di inizio attività, e introduce l'istituto della Comunicazione di inizio lavori per quegli interventi di minore rilievo in cui è opportuna una maggiore semplificazione amministrativa. Le principali novità rispetto alla normativa statale sono:

• una chiara e puntuale individuazione dei casi in cui il titolo edilizio è necessario e/o è oneroso. L'onerosità non è collegata al tipo di intervento edilizio ma al criterio dell'aumento del carico insediativo, puntualmente definito nel testo normativo.
• l'introduzione di regole univoche per la definizione degli interventi sul patrimonio edilizio esistente e la modalità di calcolo della superficie edificabile. A tal fine è previsto un meccanismo di graduale adeguamento da parte dei Comuni alla nuova disciplina.

Scopo principale della nuova disciplina è quello di uniformare le regole in materia edilizia in tutto il territorio ligure, tenuto conto che le attuali norme statali contengono margini di discrezionalità applicativa che rendono differenziato e difficoltoso l'operato dei Comuni e di chi opera nel campo dell'attività edilizia.

 

TESTO UNICO SULLA SICUREZZA DEL LAVORO: PUBL. IL D.LGS. 81/2008

E’ stato pubblicato il D.Lgs. 81 del 9 aprile 2008 "Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro" sul Supplemento n. 108/L alla Gazzetta Ufficiale n. 101 del 30 aprile 2008.

Il nuovo decreto legislativo è composto da 306 articoli (suddivisi in 13 titoli) e da 51 allegati tecnici e successivamente all’entrata in vigore, fissata per il 15 maggio 2008 (anche se la parte principale del provvedimento e cioè la valutazione dei rischi aziendali entrerà in piena operatività il 29 luglio a 90 giorni dalla pubblicazione), vengono abrogate le seguenti disposizioni di legge:

• il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547;
• il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956 n. 164;
• il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, fatta eccezione per l’articolo 64;
• il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
• il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626;
• il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493;
• il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494;
• il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 187;
• l’articolo 36 bis, commi 1 e 2 del decreto legge 4 luglio 2006 n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 5 agosto 2006 n. 248;
• gli articoli: 2, 3, 5, 6 e 7 della legge 3 agosto 2007, n. 123.

 

DL  70/11, in vigore dal 14 maggio 2011

Andranno, dunque, in pensione i vari decreti che per anni sono stati il punto di riferimento di tutti coloro che si sono occupati di sicurezza e dovremo imparare a conoscere il nuovo D.Lgs. n. 81/2008 in cui sono confluite tutte le norme abrogate, in alcuni casi opportunamente modificate ed integrate.

Il decreto norma tutti gli aspetti della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro: dall’istituzione di organismi interministeriali di indirizzo politico, consultivi e di coordinamento con enti pubblici che hanno compiti di prevenzione, formazione, vigilanza, salute e sicurezza del lavoro all’individuazione degli obblighi di datori di lavoro e dirigenti nonché ai requisiti della delega di funzioni.

Il decreto inolte individua gli obblighi e le responsabilità che gravano sui vari soggetti coinvolti nel processo di produzione; definisce l’oggetto e le modalità di valutazione del rischio, la regolamentazione della protezione e prevenzione del rischio.

Ribadisce poi l’obbligo del datore di lavoro alla formazione, informazione e addestramento del lavoratore; stabilisce i titoli e i requisiti del medico competente alla sorveglianza sanitaria, le disposizioni in materia di intervento per emergenza, pronto soccorso, prevenzione degli incendi; le modalità di consultazione e partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori; le statistiche degli infortuni e delle malattie professionali e infine il nuovo apparato sanzionatorio. 

Il Decreto sviluppo contiene numerose misure relative alla liberalizzazione e alla semplificazione dell’attività edilizia privata, attraverso modifiche al Testo Unico edilizia e alla riqualificazione delle città. Così l’Ance ha deciso di pubblicare un documento con l’obiettivo di riassumere le principali innovazioni che interessano il settore.

Tra le principali novità segnalate dall’Ance troviamo l’esclusione della gara per le opere di urbanizzazione primaria a scomputo, prevedendo che, nell’ambito dei piani attuativi o di atti equivalenti compresi i permessi convenzionati, l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria, funzionali all’intervento di trasformazione urbanistica del territorio, sia a carico del titolare del permesso di costruire. L’esclusione dall’evidenza pubblica riguarda, in particolare, le opere di urbanizzazione primaria sotto soglia comunitaria, attualmente pari a 4.845.000 euro.

Viene poi introdotto il silenzio-assenso sul permesso di costruire, qualora sia decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo che sostituisce il precedente regime basato sul silenzio-rifiuto. Ciò ha comportato anche una rivisitazione dei termini procedurali per il rilascio del permesso stesso, illustrati in modo esaustivo dall’Ance nel documento.

Il decreto stabilisce che non si ha parziale difformità dal titolo abilitativo edilizio (permesso di costruire o super Dia) quando le variazioni apportate, rispetto al progetto originario, su altezze, distacchi, cubatura o superficie coperta non sono superiori, per singola unità immobiliare, al 2% .

Per quanto riguarda la Scia, viene chiarito che essa si applica anche all’attività edilizia, sostituendosi direttamente alla denuncia di inizio attività. La stessa, invece, non trova applicazione nei casi di Dia alternativa al permesso di costruire, ossia non sostituisce la SuperDia.

Il trasferimento dei diritti edificatori è stato fino ad oggi una delle questioni maggiormente dibattute e, in particolare, le problematiche di maggior rilievo erano legate alla qualificazione giuridica di tali diritti. Il Decreto sviluppo prevede che i contratti di trasferimento dei diritti edificatori sono soggetti a trascrizione nei registri immobiliari.

Il decreto pone poi le basi per l’avvio di un Piano per le città, ossia un concreto processo di riqualificazione urbana. In particolare, si prevede l’incentivazione degli interventi di riqualificazione anche su edifici non residenziali dimessi o in via di dismissione o da rilocalizzare. Per incentivarne il recupero gli interventi sono realizzabili anche con la demolizione e ricostruzione degli immobili e con la previsione di diverse agevolazioni: il riconoscimento di una volumetria aggiuntiva come misura premiale; la possibilità di delocalizzare le volumetrie in area o aree diverse; l’ammissibilità di modifiche di destinazioni d’uso, purché compatibili o complementari e la possibilità di modificare la sagoma.

Nell’ambito delle misure per il recupero del patrimonio edilizio, il decreto prevede una norma rivolta a tutti gli interventi edilizi e non solo a quelli di riqualificazione. In pratica viene introdotta la possibilità di richiedere il permesso in deroga anche per il mutamento di destinazione d’uso e l’adozione e approvazione dei piani attuativi in Giunta comunale anziché in Consiglio.

Viene poi ridotto l’ambito di applicazione della valutazione ambientale strategica (Vas) e della connessa verifica di assoggettabilità qualora si tratti di piani attuativi, comunque denominati, che non comportino variante allo strumento sovraordinato.

Sempre nell’ottica della semplificazione e per quanto concerne i procedimenti di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica si prevede che, laddove si verifichino tutte le condizioni già ora in vigore, a seguito delle quali il parere del Soprintendente assume natura obbligatoria ma non vincolante e lo stesso non sia reso nel termine di 90 giorni dalla ricezione degli atti, si formi il silenzio-assenso.

Infine, il decreto introduce una disciplina particolare per gli immobili pubblici e per quelli appartenenti a persone giuridiche private senza scopo di lucro che presentano un interesse artistico, storico o archeologico. Questi sono sottoposti automaticamente a vincolo culturale fino a quando non verrà effettuata dal Ministero dei beni culturali la verifica con possibilità di eliminare il vincolo. Il termine della decorrenza del vincolo automatico è portata da 50 a 70 anni. 

CATASTO

Categorie A6 e D10 per i fabbricati rurali
Il ministero dell'Economia e delle Finanze conferma l'orientamento della Corte di cassazione

 L'ordine alla ruralità dei fabbricati resta condizionata al classamento nelle categorie A6 (abitazioni rurali) e D10 (fabbricati strumentali), è quanto ha confermato il ministero dell'Economia in seguito all'orientamento della Corte di Cassazione.

In sostanza, la qualifica di fabbricato rurale, che in primo luogo deriva dal rispetto dei requisiti oggettivi previsti dall'articolo 9 del Dl 557/93, non può prescindere dalla classificazione catastale delle categorie A6 per le abitazioni e D10 per le costruzioni strumentali alle attività agricole
Non vi è però alcun obbligo di iscrizione nel catasto dei fabbricati delle costruzioni rurali (a eccezione del caso di nuove costruzioni o di trasferimenti di proprietà). Quindi i fabbricati possono essere qualificati come rurali e quindi esenti dall'Ici solo quando siano accatastati nella categoria A6 o D10, questa lettura esclude dall'esenzione dell'Ici molti fabbricati rurali che per lo piu' sono stati accatastati nella categoria C, anche per quanto riguarda il pregresso.

Questa situazione si deve verificare per i fabbricati rurali iscritti nel catasto fabbricati; per gli altri, secondo la risposta del ministero, è necessario che il proprietario richieda l'attribuzione della categoria catastale adeguata.

  

Fabbricati rurali: la proposta dei geometri
Il CNG propone di presentare all'Agenzia e al Comune una semplice e informale istanza.

Continua a far discutere l'accatastamento dei fabbricati rurali ai della loro esenzione dall’Ici, introdotto con il decreto Sviluppo. Come è noto, il comma 2 bis dell’articolo 7 prevede la presentazione, da parte dei soggetti interessati ed entro il 30 settembre prossimo, di una domanda di variazione della categoria catastale già assegnata ai fabbricati censiti, nelle categorie A/6 per le residenze e D/10 per gli immobili ad uso strumentale, ai fini del riconoscimento della loro ruralità.

È peraltro noto che il dl sviluppo è stato determinato a seguito delle sentenze della Cassazione, 18565 e 18570 del 21 agosto 2010 e di altre simili, che avevano stabilito la possibilità di concedere l’esenzione dalle imposte (Ici ed altre) per i soli fabbricati rurali, accatastati e censiti nelle categorie A/6 e 0/10.

Da qui nascono le perplessità del Consiglio Nazionale dei Geometri espressa in una recente Circolare: la categoria A/6, - si legge nel documento - è ormai soppressa ed inutilizzata già dal 1993, con una apposita pubblica circolare della stessa Agenzia del Territorio, dove veniva dichiarata la completa inesistenza sul territorio, e quindi l’anacronistica presenza in banca dati, di tale categoria catastale.

La categoria A/6 – continuano i geometri - non riguarda unità immobiliari “rurali”, ma riguarda invece unità immobiliari “urbane”, con caratteristiche rurali, che, come detto, nella realtà non esistono più. Tutte le unità immobiliari catastali sono di fatto u.i.u. (urbane) e, ancora, non esistono le u.i.r. (rurali), per cui, in caso, bisognerebbe istituirle. In Italia ci sono oltre 1.000 Comuni dove le A/6 non esistono per nulla nei quadri di classificazione catastale, perché non previste e non esistenti al momento della formazione del Catasto Urbano per cui anche qui, se del caso, bisognerebbe istituirle.

Il CNG fa sapere che, essendo l’Agenzia del Territorio contraria al ripristino o alla istituzione di una apposita categoria A/6, solamente con finalità di esenzione fiscale - che rischierebbe di inquinare il lavoro fin qui svolto per la corretta archiviazione inventariale dell’edificato -, a tutt’oggi, non ha previsto alcuna modalità operativa per adempiere alle indicazioni della norma, anche perché deve attendere l’emissione del previsto decreto ministeriale.

Quindi ancora non è dato sapere se si tratterà della presentazione di un nuovo Docfa, magari semplificato, visto che la norma parla di domanda e non di denuncia o di dichiarazione, oppure di quale altra possibile procedura. Detto ciò, secondo il CNG, è oggi lecito ritenere che si possa e si debba presentare un’istanza generica, allegando l’autocertificazione richiesta.

Secondo il CNG la cosa più sensata parrebbe, per il momento, quella di presentare all’Agenzia e al Comune, una semplice ed informale istanza, che chieda il cambio di categoria delle unità già accatastate nelle N6 e nelle 0/1 O, in base alla L. n. 10612011, ai soli fini dell’ esenzione fiscale.

Questa scelta - spiega sempre la circolare - appare la più opportuna in quanto, qualora un immobile sia correttamente accatastato, potrà continuare a esserlo, consentendo contemporaneamente al richiedente e all’Agenzia, la possibilità di inserire una apposita annotazione in banca dati, a chiarimento dell’esenzione fiscale e della motivazione della evidente disparità di risultanza reddituale, al di fuori dei canoni corretti dell’accatastamento.

Detta annotazione consentirebbe - anche a futura memoria ed ad eventuale cessazione dei requisiti soggettivi agricoli dei titolari -, che l’immobile possa e debba rimanere accatastato correttamente. "Ciò per i tecnici - precisa il CNG - sarà motivo di preoccupazione e di attrito con la committenza e le organizzazioni di categoria, che ora potrebbero pretendere l’esecuzione dei loro accatastamenti nelle categorie indicate dalla norma per l’esenzione fiscale, pur nella consapevolezza che le Agenzie del Territorio non potrebbero accettarle. Per cui sembra attualmente evidente che la migliore soluzione possa essere la produzione di un apposito DOCfA semplificato, che consenta unicamente una annotazione di merito nella banca dati catastale, in ossequio alla norma che lo prevede, eventualmente utile anche per gli immobili ancora da accatastare oppure in corso di accatastamento.

"Rimane l’incognita del termine, al solito troppo ristretto - conclude il CNG -, a causa del quale sarà difficile poter ottemperare in tutti i casi ed in tutte le svariate tipologie di situazioni esistenti. Evidentemente la scadenza - fine settembre per l’istanza di parte e 20 novembre per la verifica dell’Ufficio - mira a garantire la riscossione dell’Ici per l’anno in corso, che viene pagata in dicembre".